lunedì 14 marzo 2016

La sfida culturale a Daesh: #Unite4Heritage contro chi cancella memoria e pluralismo


E’ con particolare emozione che porgo il saluto della Camera dei deputati a questa iniziativa di presentazione del documentario di Elibetta Valgiusti che da anni ci fornisce suggestive testimonianze delle drammatiche condizioni di vita delle minoranze cristiane nel mondo, dall’Egitto al Kosovo, dalla Siria all’Iraq.
Ringrazio il collega e amico Pierluigi Castagnetti che da anni segue il dramma delle comunità cristiane nel Medio Oriente, Salvatore Mazza, di Avvenire per avere aderito a questa iniziativa promossa dall’Associazione Salva i Monasteri, che da anni riunisce, artisti, intellettuali, esponenti politici e della società civile con l’intento di sensibilizzare il mondo occidentale sugli esiti di un vero e proprio genocidio culturale.
Dalla distruzione delle antiche mura di Ninive, alla decapitazione dell’ex direttore degli scavi archeologici di Palmira, Khaled al Assad, per arrivare alla demolizione del monastero di Mar Elian, alla distruzione di Aleppo: quella di Daesh appare sempre più una guerra contro l’uomo e contro la cultura.
I primi a farne le spese sono stati, nell’estate del 2014, i cristiani di Mosul il cui nome ha una grande  risonanza simbolica ed antica: è l’antica Ninive che fu capitale degli assiri e che ci richiama al tempo stesso gli splendori di una civiltà di 4.000 anni, la Sacra Bibbia ed un Cristianesimo ricco di due millenni di storia.
Questa terra, segnata dalla cultura, dalla spiritualità, è oggi il bersaglio di un sistematico saccheggio, definito giustamente da Irina Bokova, Direttrice  generale dell’Unesco, un’operazione di “pulizia culturale”, tanto cieca ed inesorabile quanto degradante ed inammissibile, perché volta a colpire le memorie di luoghi e comunità, a cancellare il pluralismo culturale e religioso sviluppatosi nel corso dei secoli, privare le generazioni future dei riferimenti storici, culturali e religiosi che le identificano.
I segnali che ci arrivano da quell’area sono oggi contraddittori: da un lato la strategia internazionale contro Daesh sta ottenendo alcuni risultati perché sul piano simbolico la spinta jihadista sta perdendo il suo alone di invincibilità. L’ISIS nell’ultimo anno ha perso il 40% del territorio che aveva conquistato in Iraq ed il 20% di quello in Siria. Sul piano finanziario gli introiti dei terroristi legati al contrabbando di risorse naturali sono crollati del 30%, tanto da costringerli a dimezzare i salari per i combattenti.
Da qui anche un’espansione o un rischio di espansione nel Magreb e in Africa. Ma per fronteggiare le forme mutevoli che assume la minaccia di Daesh, occorre puntare molta attenzione e risorse sul fronte della cultura: in questa prospettiva il Governo ed il Parlamento italiani sono fortemente impegnati nel sostenere il progetto dei “caschi blu della cultura”, che si è concretizzato a febbraio in un accordo tra l’Italia e l’Unesco per la creazione di squadre di esperti che interverranno su specifica richiesta delle Nazioni Unite in situazioni di crisi civili dovute a calamità naturali e nell’ambito di conflitti armato.
E’ un progetto italiano, denominato di Unite4Heritage, il cui scopo ultimo è di introdurre una componente culturale nelle missioni internazionali e che nasce proprio da un impegno assunto nei mesi scorsi dalla Camera dei deputati e che si riassume nel principio “Una Nazione è viva quando è viva la sua Cultura”, che è alla base di Unite4Heritage, perchè nel mirino della guerra non vi sono solo gli esseri umani con le loro vite e i loro corpi, ma anche le comunità con le loro memorie, le loro identità, i loro percorsi.
Il sostegno alle popolazioni cristiane in fuga dall’Iraq e dalla Siria è il primo atto di solidarietà da compiere per fare ripartire la speranza in quell’area, poiché è proprio la presenza di quelle antichissime comunità che rafforza la diversità millenaria del Medio Oriente. La presenza di cristiani, yazidi e altre minoranze rappresenta un argine alle pulsioni totalitarie espresse dal fondamentalismo islamico.
Come ha notato il professor Andrea Riccardi, l’esodo delle minoranze cristiane non rischia di far scomparire qualcosa di antico, ma mette in discussione la possibilità di convivenza tra cristiani e musulmani, dando attendibilità a quanti sostengono l’incompatibilità totale dell’Islam con il Cristianesimo. La scomparsa dei cristiani in Medio Oriente rischia di essere pagato a caro prezzo da tutti, dai musulmani stessi, dalle minoranze considerate eterodosse, dalle componenti sciite e dalle fasce giovanili più istruite.

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